Enjoy food, travels and life

Qualche giorno fa ho avuto l'ennesima conferma: io è meglio se non guardo la TV.
Non mi fa bene: mi metto a scrivere post chilometrici, mi parte il formicolio alle dita e batto come un'ossessa alla tastiera, e inoltre spero pure invano che dopo tanto fervore i lettori leggano fino in fondo, ma so in cuor mio che manco io me lo leggerei un papiro del genere.
No, per il bene mio e delle statistiche di lettura del blog, non devo guardare la TV. La prossima volta me lo devo ricordare.

Ah, la prossima volta. Chissà quando potrebbe essere la prossima volta.
Se dovessi infatti calcolare la probabilità che si verifichino assieme le seguenti condizioni: a) non ho da fare qualcosa, b) non mi sono trovata da fare qualcosa, c) mi siedo sul divano, d) ho la febbre, e) prendo il telecomando e accendo la TV, f) decido di disconnettere le sinapsi e guardare, g) trovo fra 9.847.239.349 canali e programmi disponibili qualcosa che mi attiri, più o meno potrei dire che sono al pari di quelle per cui un asteroide possa schiantarsi sulla Terra.
E' un evento raro, eppure ogni tanto capita.
E infatti è capitato.
Non ho spento al volo e mi sono messa a fare zapping finché non mi sono imbattuta sul nome di un programma che ricordava un hashtag e incuriosita mi sono messa a guardarlo.

Fondamentalmente si trattava di un reality sulla vita di ricchissimi figli di papà (poco meno che trentenni) che nel quartiere più "in" di Los Angeles dovevano barcamenarsi fra le immani difficoltà che impone una vita lussuosa, sfarzosa, priva di "no", e a contatto - pensate un po' che tragedia - con i poveri.

Nei pochi minuti che sono riuscita a vedere prima che mi partisse "lo sblocco" dello scrittore, ho visto scene e sentito dialoghi che voi umani purtroppo potete sì immaginare, ma a cui nessuno dovrebbe assistere.
Al che m'è partito il nervoso.
Nervoso per i contenuti del programma, nervoso per i soggetti del programma, nervoso per i dialoghi del programma, nervoso verso chi pensa a fare un programma del genere e a finanziarlo, nervoso verso chi lo manda in onda, nervoso verso chi mi fa pure pagare i canali TV, nervoso verso chi mi fa pagare le tasse per un quadro nero appeso al muro chiamato TV solo per averne il possesso, nervoso verso me che guardo e scema che pago pure. Nervoso, punto.
Se quello è essere ricchi, giuro voglio la miseria (magari non la fame ecco).

Poi ho capito.
Come ho fatto a non pensarci subito?
Probabilmente si trattava di un programma riabilitativo-curativo per l'autostima di questi ricchi ragazzi, solo che si sono dimenticati di mandare in sovrimpressione il testo seguente prima dell'inizio del programma (e che tanto i protagonisti non sarebbero riusciti a comprendere).
Ecco più o meno come avrebbe dovuto essere:

Prologo:
I soldi fanno la felicità, finché questa si riconduce all'avere tutto ciò che si desidera.
Nel caso di questi RichKids comprare tutto ciò che si possa desiderare si traduce presto in non avere più niente da comprare, e quindi niente da desiderare.
Non avere desideri, sogni, ambizioni, rende tutto tremendamente noioso e infelice.
Ma c'è un dettaglio: ciò che loro nemmeno apprezzano più è spesso desiderio di altri poveracci.
Più che la possibilità di possedere ciò che si vuole, è il fatto di possedere in più rispetto ad altri (che per questo li invidiano) che genera compiacimento e quindi anche desiderio di aumentare sempre di più questo divario.
Più riescono a far vedere agli altri quello che hanno e che altri vorrebbero più saranno felici, realizzati e appagati della loro condizione, al di là del possedere già tutto.
Di fondamentale importanza per la felicità e il compiacimento diventano quindi non tanto il godersi la vita, quanto piuttosto fare vedere agli altri quanto si stanno godendo la vita che altri non possono avere, anche se il piacere della vita si riconduce solo al dovere ostentare perché averlo e basta non è più sufficiente.
Il tasso di godimento della vita aumenta grazie all'esposizione pubblica e quindi ai social, ai like, ai followers, alle critiche dai poveracci miserabili e invidiosi, piuttosto che dalla propria vita agiata che hanno la fortuna di avere.
Il bello della vita non è più visto con i propri occhi che hanno già avuto tutto, ma con gli occhi di chi la brama e la desidera. Allora sì che tutto prende sapore.
Il fatto di non avere visibilità sminuisce lo status in cui si trovano, i loro soldi se non ostentati non darebbero più tanta soddisfazione e allora non farebbero più la felicità.

Attenzione:
Il programma che sta per andare in onda è un reality creato al solo scopo lenitivo dei protagonisti. Non è adatto a nessun tipo di pubblico per cui se ne sconsiglia la visione anche per esposizioni ridotte poiché può nuocere gravemente alla salute.
Il contenuto ha lo specifico intento di causare stati di insoddisfazione profonda, miserabile e depressiva, ulcere, attacchi di panico, insonnia nello spettatore povero, e per contro aumentare i livelli di serotonina e dopamina nel protagonista della scena.
Lo stile di vita raffigurato rappresenta una visione distorta, artefatta e diseducativa del benessere umano e invoca a modelli di superficialità e scarso senso civico che un ricco vuole far credere di poter sostenere.
I volti dei protagonisti non sono resi irriconoscibili da ore di trucco, protesi, parrucche e botox per motivi di privacy, ma per stupidità umana.
I vestiti e accessori acquistati in boutique per migliaia di dollari hanno le medesime funzioni dei vestiti più economici con la differenza che non si ha paura di lavarli in lavatrice con la centrifuga.
I dialoghi stupidi dei protagonisti formulati con frasi sgrammaticate, povere di lessico e prive di senso non sono errori di traduzione o di doppiaggio. I doppiatori italiani coinvolti si sono prestati al servizio ingannati dalla produzione e convinti di girare la versione comica di Borat USA.
Tutte le persone umiliate, derise e classificate "cernie" (poveracci) dai protagonisti soffrono di gravi forme di sadomasochismo, motivo per il quale hanno ringraziato per le scene subite invece che sbriciolare il naso dei protagonisti con un colpo secco dell'osso frontale.
Tutti gli animali ripresi maltrattati con toelettature imbarazzanti, pedicure, massaggi eccetera sono stati ricoverati in un centro di recupero e sono tutt'ora in fase di riabilitazione.
La produzione ripudia l'ostentazione, già motivo di esasperazione nella realtà quotidiana tramite i social.
La produzione disincentiva le persone a ostentare il bello che la vita ci regala, a vedere la bellezza delle cose solo se vissute tramite l'invidia degli altri, a vedere la vita tramite uno schermo invece di riuscire a coglierla durante l'attimo stesso in cui viene vissuta.
Buon spegnimento e buona vita.

Ricetta perfetta per tonnarelli pici spaghetti cacio e pepe con cremina senza panna olio - perfect creamy cacio e pepe pasta recipe italian food

Visto che niente più di oggi mi fa apprezzare le cose semplici e poco elaborate, ho scelto una ricetta per ricordare quanto pochi ingredienti, se ben combinati, possano regalare attimi di felicità: la pasta cacio e pepe.

Non so voi ma per me la preparazione della pasta cacio e pepe perfetta non è sempre stata facile. Per renderla cremosa e liscia senza trucchi, come l'aggiunta di panna o olio, ci vuole pratica e un pochino di tecnica.
Come sempre Bressanini nei suoi articoli spiega molto bene come mai servono determinate temperature per ottenere un buon risultato, per cui se siete curiosi vi consiglio di fare un salto da lui. Fortunatamente, come anche lui fa notare, per eseguire questa ricetta non serve un termometro a portata di mano, ma velocità, mano lesta e passaggi ben eseguiti.

Pici cacio e pepe

Preparazione: 10 min.Cottura: 10-15 min.¹Riposo: nessuno
Porzioni: 4 Kcal/porzione: 520 circa
Ingredienti:

  • 400 g di pici (o tonnarelli, spaghetti ecc.)²
  • 160 g di Pecorino romano DOP stagionato
  • Pepe in grani q.b.
  • Sale q.b.
Preparazione:

  1. Portare a bollore 2 litri³ di acqua, salarla meno del solito e poi versare la pasta.
  2. Nel frattempo grattugiare finemente il formaggio e macinare qualche grano di pepe.
  3. Scaldare una padella antiaderente, versare un po' di acqua di cottura e versare un po' di pepe macinato.
  4. Un minuto prima che la pasta sia al dente versare metà del formaggio nella padella e mescolare accuratamente per iniziare a formare la cremina.
  5. Quando la pasta è al dente con un forchettone prelevarla e senza scolarla troppo versarla in padella.
  6. Mescolare velocemente la pasta al formaggio e unire il restante.
  7. Mentre si mescola verificare che si stia formando correttamente la cremina. Se fosse troppo asciutta allora aggiungere un modesto quantitativo di acqua di cottura e continuare a mescolare.
  8. Servire immediatamente con altro pepe macinato al momento.
Note:

  1. Il tempo dipende dal formato della pasta scelto.
  2. Nel caso di pasta fresca sarà ancora più facile ottenere la famosa cremina perché l'amido viene rilasciato ancora più facilmente.
  3. Il quantitativo di acqua in cui far bollire la pasta generalmente non è importante, ma in questo caso sì. Un esiguo quantitativo significa avere una maggiore concentrazione di amido nell'acqua di cottura e quindi facilitare la formazione della crema.
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Ho un desiderio, un desiderio che io non posso comprare.
Vorrei sedermi con piacere sul divano e non trovare programmi spazzatura.
Vorrei vedere qualcosa che ci insegnasse a vivere bene per noi stessi, e non per gli altri.
Non sarebbe più bello e semplice vivere alla cacio e pepe?
Io voglio vivere alla cacio e pepe: con poco ma fatto bene.
Lancio un hashtag (magari c'è già): #cacioepepekids


Ahhh, che bello andare in montagna!
Respirare aria pulita, fuggire dal traffico, stare a contatto con la natura, uscire dal baccano ed evadere dalle maree di gente e resse asfissianti.
Ma siamo proprio sicuri che sia davvero così?
No, non è così, anzi.
Avete presente il concetto di turismo di massa?
Al Lago di Braies se non si è la famiglia giusta, al posto giusto, nel momento giusto potreste sperimentare di essere parte integrante di una fiumana in movimento.
Del resto quando una meta è bella, la gente giustamente accorre. Il problema è che ne accorre un po' troppa e tutta assieme, soprattutto in alta stagione, vedi i mesi di luglio e agosto.

Non si fatica a capire tanto apprezzamento. Del resto il Lago di Braies è un luogo incantato incastonato nelle Dolomiti altoatesine a 1.496 metri sul livello del mare. Le sue acque turchesi sono placide e riflettono i verdi boschi e le montagne rocciose che si sgretolano, come un magico specchio.

Lago di Braies come arrivare cosa vedere itinerario foto Dolomiti Val Pusteria quando andare vacanza relax montagna passeggiata natura consigli

Come avrete capito il Lago di Braies è una meta molto frequentata durante tutto l'anno, ma soprattutto nel periodo estivo.
Questo lago, che è inserito nel Patrimonio Umanitario dell'Unesco, si trova a circa cento chilometri da Bolzano, in una valle limitrofa alla Val Pusteria, per la precisione in Val di Braies.
Durante l'anno il lago si veste con colori diversi a seconda delle stagioni: in estate le sue acque sono turchesi e limpide e riflettono le montagne e i boschi tutto attorno, mentre in inverno l'atmosfera si imbianca e la superficie si ricopre di una coltre di ghiaccio e neve.
Non essendo un lago gigantesco, circa 1,2 km di lunghezza e poco meno di 400 metri nel punto più largo, si presta bene ad essere costeggiato a piedi in tutta la sua interezza.
Pare che si sia originato da una frana (e non è difficile immaginarlo) staccatasi dalle montagne intorno e che ha interrotto il normale deflusso del rio che attraversava la valle.


Come arrivare:
Raggiungere il lago è piuttosto semplice. Una volta arrivati in Val Pusteria da Brunico, tra Monguelfo e Villabassa bisogna svoltare a destra e imboccare lo svincolo per la Val di Braies. La strada prosegue per diversi chilometri e ha un solo bivio, ben segnalato che porta direttamente fino al lago. Nel dubbio potete trovarlo sui cartelli anche con il nome di Wildsee (il nome tedesco).
Probabilmente se state raggiungendo la meta (agognata per quel che vi sto per dire) in alta stagione non avrete nemmeno bisogno delle indicazioni. Basterà mettersi in coda dalla Val Pusteria, comprarsi un giornale, un mazzo di carte, scorte alimentari e da bere e attendere a) di arrivare al parcheggio, b) di trovare parcheggio, c) di avere i soldi per pagare il parcheggio (perché è pure caro).
Ad ogni modo e in qualsiasi condizione arriviate ci sono almeno tre parcheggi indicati P1, P2 e P3. Quello più vicino al lago è quello in prossimità dell'Hotel Pragser Wildsee. In pratica se vedete boschi intorno a voi il lago non è ancora vicino, se vedete l'albergo siete praticamente arrivati alla sponda. You won!


Qualche idea su cosa fare:

Un giro intono al lago: più o meno si tratta di una passeggiata di neanche cinque chilometri che si snoda, lasciando alle spalle l'albergo e girando a sinistra, prima su un breve tratto piano e poi su una serie di saliscendi stretti e talvolta a gradini che vanno in crescendo (in ripidezza) verso la metà del percorso per poi tornare ad essere relativamente piano o con poco dislivello per tutto il resto del tracciato.
Proprio per la natura sconnessa e a gradini della prima parte l'uso del passeggino con bambini è sconsigliato. Abbiamo notato che in molti lo richiudevano e portavano i bambini in spalla, ma la cosa era un po' brigosa e faticosa. Ancora meglio è affrontare la passeggiata con i pargoli direttamente alloggiati in zaini a spalla.

Un giro sul lago in barca: a due passi dall'albergo lungo un piccolo pontile in legno che si insinua nel lago si possono noleggiare delle barche a remi in legno con le quali si può fare un giretto nelle placide acque del lago (freddine ve lo assicuro). Il prezzo non è affatto economico, e per una mezz'ora partono un bel po' di euro (non vi dico i prezzi, che tanto sono suscettibili a cambiamenti ogni anno - va beh, 12 € per mezz'ora, 18 € un'ora nel luglio 2016 - giusto per tenerne traccia). Fate i conti voi su quanto potreste spendere per un paio di ore in acqua, visto che in mezz'ora manco si ha il tempo di capire come funzionano i remi, come si fa a virare eccetera. Ricordatevi poi che per ogni ritardo di consegna della barca sul tempo pattuito si paga un extra in più.
Il numero delle barche è esiguo rispetto alla domanda di turisti (anche se il prezzo senz'altro scoraggia i più), per cui chi è proprio interessato è opportuno che arrivi presto.

Un picnic sulle rive del lago: a parte all'inizio del lago, lungo il giro non esistono punti di ristoro, e panche e tavolini sono esigui rispetto alla domanda. Se non ricordo male esiste solo un WC pubblico oltre la metà del lago a ridosso della spiaggia più grande. I pochi posti dove sedersi sono prenotati da avventurieri che arrivano la mattina presto e che sarebbero pronti a dare la vita pur di non cederli a nessuno.
Se si arriva più tardi allora è meglio almeno essere organizzati portandosi da casa una coperta o sdraio per rilassarsi un po'.

Inoltre: per chi vuole passeggiare un po' di più ci sono numerosi sentieri che portano anche fin sulle montagne limitrofe, o per boschi e prati.

In inverno: in inverno di solito il lago è ghiacciato. Alcuni tratti della passeggiata a seconda del periodo possono essere chiusi per pericolo frane. Ad ogni modo se la stagione lo permette il giro è comunque possibile, anche con racchette da neve (in Trentino A.A. conosciute meglio con il nome di ciaspole). Si possono poi fare escursioni, escursioni d'alpinismo e perfino (per i più esperti) scalare la cascata ghiacciata.


I nostri consigli:
Sapendo che la zona in estate è molto frequentata sarebbe opportuno partire da casa la mattina molto presto in modo da evitare sia il traffico che le code all'arrivo. Noi siamo arrivati alle 9:15 circa e la situazione era ancora vivibile.
Al nostro rientro, all'incirca all'ora di pranzo (volevamo fare un picnic in un'altra zona) siamo rimasti davvero stupefatti della coda che si era formata per arrivare al lago. Una fila interminabile di auto (parlo di chilometri) stava cercando di accedere a questa località. Non abbiamo davvero idea di come tante macchine potessero stare in quei parcheggi, né di come la gente si potesse trovare ammassata a camminare lungo il tragitto o sulle spiagge.
Abbiamo avuto la netta impressione che Braies non avesse niente da invidiare alla riviera romagnola gremita per Ferragosto.
Per noi che eravamo alla ricerca di tranquillità e relax sarebbe stata la realizzazione di un vero incubo.
Rivolgiamo un pensiero accorato a tutti coloro che hanno avuto il coraggio di affrontare quella coda, aspettare per un parcheggio e lottare per un centimetro quadrato di spiaggia sul lago. Siete grandi (o disperati - fate voi).
Insomma se volete godere del luogo veramente vi consigliamo di fare una levataccia che vi ruberà sì ore di sonno preziose, ma che vi permetterà di guadagnare tempo sprecato in code e viaggio e di godervi questa natura e questi luoghi incantati in santa pace.
Se proprio l'essere mattinieri non fa per voi allora controllate che l'aria condizionata funzioni bene, perché anche se il lago di trova in quota dopo un'ora in macchina sotto il sole fa caldo lo stesso.


Ecco qualche dettaglio sulla passeggiata:

Difficoltà: medio-bassa. Qualche tratto più pendente e sconnesso ma sostanzialmente senza difficoltà particolari. Attenzione ad alcune rocce scivolose dopo piogge o in alcuni tratti dove l'acqua scorre dalle montagne e bagna il percorso.
Dislivello: 100 metri circa
Lunghezza: poco meno di 5 km
Tempo: 1 ora senza soste per il giro completo
Periodo: agosto 2016.


Purtroppo dalle foto non si vedono bene le acque turchesi del lago, era mattina presto e a tratti nuvoloso. Ad ogni modo è bellissimo potersi divertire a fare fotografie e giocare con i riflessi, no? :-)


Dialoghi in casa Zonzolando più o meno all'ordine del giorno.

M: "Sai dove ho messo il cellulare?"
E io rispondo.

M: "Non trovo le chiavi. Sai dove le ho lasciate?"
E io rispondo.

M: "Ma com'è che si chiama quel tizio che...?"
E io rispondo.

All'ennesima richiesta azzeccata dico: "Certo che se non ci fossi io eh! Qui l'Alzheimer non galoppa, va a Mach 3! Come faresti? Co-me fa-re-sti?"
E lui: "Eh sì, chissà come farei senza la mia..."
E mi chiama col nomignolo più dolce che ho.
Mi sciolgo e vado in brodo di giuggiole, ma decido di prenderlo ancora un po' in giro.
E: "Ohhh! Amore! Per quanto ancora ti ricorderai di chiamarmi col mio nomignolo?"
M: "Ehm... Fino a quando non mi tornerà in mente qual è il tuo nome."
E: "Doh!" (>_<)

Pasta fusilli con lenticchie pomodori secchi piatto vegano salutare light ricetta - healthy vegan pasta recipe with lentils and dried tomatoes

Prima che anche io inizi a perdere colpi voglio scrivere di questa ricetta che ci è piaciuta un sacco, non solo a noi due ma a tutti quelli che l'hanno provata.
Credo che dal punto di vista nutrizionale (anche se non spetta a me dirlo) sia un vero toccasana. Ha tutto: carboidrati, proteine, pochi ma buoni grassi, licopene, un sacco di fibre, ma soprattutto -come se non fosse già abbastanza- è buonissima!

Fusilli alle lenticchie e pomodori secchi

Preparazione: 20 min.Cottura: 1 oraRiposo: nessuno
Porzioni: 4 Kcal/porzione: 580 circa
Ingredienti:

  • 320 g di pasta corta
  • 100 g di lenticchie giganti secche
  • 15 g di olio extravergine di oliva
  • 1 carota
  • 1 cipolla bianca media
  • 1 costa di sedano
  • 300 g di passata di pomodoro
  • 10 pomodori secchi sott'olio
  • 8-10 foglie di basilico fresco
  • Sale q.b.
  • 60 g di Parmigiano Reggiano grattugiato¹
Preparazione:

  1. Tritare a cubetti la carota, la cipolla e il sedano facendo un battuto grossolano.
  2. Metterlo a soffriggere nell’olio in una padella antiaderente. Unire le lenticchie e lasciare cuocere aggiungendo man mano acqua calda, o brodo vegetale.
  3. Quanto le lenticchie saranno quasi cotte unire 150 g di passata di pomodoro e regolare di sale.
  4. Nel frattempo frullare 5 pomodori secchi sgocciolati con il resto della passata.
  5. Tritare su un tagliere i restanti pomodori secchi con le foglie di basilico e poi unire il trito alla purea ottenuta nel passaggio precedente.
  6. Cuocere la pasta in abbondante acqua salata e scolarla al dente.
  7. Condire la pasta con le lenticchie, il pesto di pomodori secchi e una spolverizzata di formaggio grattugiato.
Note:

  1. Omettendo questo ingrediente la ricetta diventa ideale per persone intolleranti al lattosio e vegani.
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Niente, me le cerco.
Gliele servo su un piatto d'argento.
Eppure non riesco a trattenermi e scoppio a ridere.
Lui serissimo mi guarda spaesato e mi fa: "Ma tu... chi sei?"


Le apparenze ingannano.
I silenzi ingannano.
Ringraziamo caldamente chi credeva che la nostra assenza dalla blogosfera fosse dovuta ad attività di zonzolaggio estremo, ma purtroppo dobbiamo informarlo che ahimè si sbagliava di grosso, perché in realtà siamo ritornati a pieno regime al lavoro, e da un pezzo ormai. L'assenza, sia che si tratti di lavoro che di vacanza, è comunque dovuta alla mancanza di tempo per dedicarsi al blog, ma diciamo che fra le due alternative avremmo preferito poterci applicare ancora nel nostro hobby preferito, piuttosto che tornare alla routine quotidiana.
Per la serie insomma che quando si lavora si latita e quando si zonzola si latita, il risultato è che sto blog poverino è sempre abbandonato a sé e un bel po' trascurato.
Per fortuna che è virtuale se no mi toccherebbe pure spolverarlo.

E' passato così in fretta agosto e addirittura metà settembre, che mi sono trovata una cartella di materiale per queste box del buon umore che nemmeno mi sapevo più raccapezzare, e per di più alcune foto manco mi ricordo cosa stessero a significare. Però se le ho immortalate ci sarà pure stato un motivo no?
Parto subito con la frase di rito e le box, sia mai che mi dimentichi qualcos'altro.

Benvenuti al nuovo appuntamento con la "Zonzolando's Serendipity Box", la scatola che serve a ricordare i piccoli grandi piaceri della vita cogliendo il meglio di ciò che ci offre.

Troppo spesso infatti le nostre giornate sono riempite di pensieri e preoccupazioni tendendo a dimenticare il bello che nella vita c'è (sempre!). Con questa scatola voglio immortalare, se non tutto, gran parte delle cose belle che riempiono la mia/nostra vita quotidiana (ma che potrebbe essere anche quella di tutti), dalle grandi alle piccole cose che ci rendono felici e, ancora meglio, sereni.

Parto da dove ci siamo lasciati l'ultima volta e proseguo con la Serendipity Box n° 137:
  1. La pizza, le cene fuori, le serate improvvisate, i nuovi posticini da scoprire.
  2. Le zonzolate in moto e i selfie sui passi di montagna.
  3. Quando ti regalano lamponi e mirtilli a volontà e ti va il sorriso da un orecchio all'altro.
  4. Un malgaro che ti invita a entrare a bere un caffè e te lo prepara su una stufa a gas piazzata dentro un caminetto a legna. Assistere alla preparazione del formaggio, assaggiarlo e sentire i profumi di prato e di montagna. Esistono ancora queste cose, sì.
  5. Partire presto con Massi per andare a zonzolare e fermarsi sempre a fare la seconda colazione in qualche bar sperduto dove ti servono un buon cappuccino.
  6. Madonna di Campiglio: sole, relax, un quotidiano fra le mani e un aperitivo in centro. Tutto in uno.
  7. Dicevo poco fa delle seconde colazioni, ma quando si parte davvero troppo presto perché non fare la prima proprio all'apertura del bar che ha appena aperto con paste appena sfornate arrivate direttamente dal forno vicino? Bontà!
  8. Le cascate: l'acqua limpida, lo scroscio e la potenza dell'acqua, la loro bellezza. Queste sono quelle del Parco Adamello Brenta.

Ancora tante zonzolate fuori porta nella Serendipity Box n° 138:
  1. Malfatti con porri, funghi e tartufo: una deliziosa scoperta.
  2. Restare sempre incantata ad ammirare il Lago di Garda incastonato fra le montagne. Non mi ci voglio abituare, no!
  3. L'aperitivo in un posticino che ha cambiato gestione. Dovevamo provarlo!
  4. Partecipare ad una festa di gemellaggio fra paesi: quello dove vivo e uno del mantovano. Ricchi piatti della tradizione assaggiati, chiacchiere a gogò e una bottiglia di Lambrusco prosciugata in due. Che serata! La foto se la ricorda per me. ;-)
  5. I tramonti, i colori pastello nel cielo e delle nuvole si meriterebbero un posto fisso in serendipity.
  6. La coperta, due sdraio, la crema solare, il giornale, il Kindle, il pranzo al sacco... c'era tutto, compresa la nostra felicità.
  7. Una zonzolatina, quasi un blitz, a Bressanone giusto all'ora di cena.
  8. Qui non si tratta di un semplice gelato (che già è un momento di serendipity da sé); qui si tratta di uno dei variegati all'amarena più buoni che avessi mai assaggiato. Serendipity al quadrato!

Tante soddisfazioni nella Serendipity Box n° 139:
  1. Preparare la confettura di more con Massi. Dedicarci praticamente una sera post lavoro, ma fare le cose fatte bene e farle assieme non ha prezzo. E poi è venuta buonissima!
  2. Mandorla e pistacchio. Va beh, non occorre che dica altro oramai.
  3. Un pranzetto di lavoro che mi ci voleva proprio: lento, tranquillo, silenzioso e buono.
  4. Gli aperitivi con gli amici, le chiacchiere, gli scambi di idee, arricchirci di esperienze e consigli reciproci.
  5. I traslochi di ufficio: tanta fatica, tanti scatoloni, tante cose buttate per fare spazio a ciò che verrà, guardando al futuro sempre con tanto ottimismo e curiosità.
  6. Standing ovation a chi mi ha preparato questa coppa gelato.
  7. Ammirare i fuochi di artificio durante la Notte di Fiaba a Riva del Garda. Che meraviglia!
  8. Prepari confettura di more e poi non ci fai una crostata? E no eh!

E questa è la Serendipity Box n° 140, quella che racconta i giorni appena trascorsi:
  1. Pavlova con crema diplomatica e frutta a volontà: tanti auguri babbo!
  2. Un'epica zonzolata di famiglia sul Pasubio. Son cose rare soprattutto quando l'età media inizia a diventare altina.
  3. Il pranzo al rifugio Papa dopo la salita: polenta, funghi e formaggio fuso e uno Zelten affatto male.
  4. Le montagne, i panorami mozzafiato, le foto.
  5. La condivisione, le risorse open source, il mondo così grande e così piccino grazie al Web, i programmi online che hai sempre sognato e che scopri realtà.
  6. Le ortensie che ho trovato sulla mia scrivania per il mio compleanno. Grazie Irene e grazie a tutti i colleghi per la festa e il regalo.
  7. Quando Massi mi vuole sola per lui, dopo tanto festeggiare. Lo adoro!
  8. Una millefoglie con crema pasticcera, fragole e cioccolato bianco, una tavolata imbandita, una serata in compagnia e tanti auguri a me!

L'aforisma degli ultimi giorni trascorsi è:
"In tutte le cose della natura esiste qualcosa di meraviglioso."
(Aristotele)


Buona vita a tutti!


"Häftling: ho imparato che sono un Häftling. Il mio nome è 174 517; siamo stati battezzati, porteremo finché vivremo il marchio sul braccio sinistro."

Il benvenuto ad Auschwitz (Oswiecin), la stazione intendo, non è dei migliori. Siamo partiti da Cracovia la mattina presto con un trenino decisamente più scalcinato rispetto a quelli bellissimi, nuovi e puliti che ci hanno portato in città dall'aeroporto e l'arrivo è oltre il nostro immaginario. Il posto è lugubre, scarno, sporco, povero e intorno molti palazzi sono abbandonati e fatiscenti.
A piedi lasciamo alle spalle la stazione e svoltiamo a destra alla volta dei campi di concentramento. In meno di un quarto d'ora arriviamo sul posto.
Neanche a farlo apposta il cielo è grigio, cupo e triste, esattamente come l'atmosfera che si respira.
Avevamo comprato i biglietti di ingresso ancora prima di partire online su questo sito (ma ce ne sono anche tanti altri). Avevamo scelto giorno e ora in modo che le date della nostra permanenza in Polonia ci potessero garantire di visitare, visti i giorni di apertura diversi, tutte le varie attrazioni che ci eravamo prefissi di visitare in città.
All'orario prestabilito ci siamo quindi immessi nella fila per prendere cuffia e radiolina e puntuali siamo stati raggruppati in un certo punto all'ingresso del percorso. La guida parlava un ottimo italiano e con enfasi ha iniziato a spiegarci la storia del luogo, dettagli interessanti, il come avvenivano certe cose, ma non il perché. Perché il perché nessuno ancora lo sa spiegare con certezza.

Auschwitz e Birkenau viaggio olocausto campi di sterminio e campi di concentramento storia foto - travel tales experience Poland

"La persuasione che la vita ha uno scopo è radicata in ogni fibra dell'uomo, è una proprietà della sostanza umana. Gli uomini liberi danno a questo scopo molti nomi, e sulla sua natura molto pensano e discutono: ma per noi la questione è più semplice. Oggi e qui, il nostro scopo è arrivare a primavera."

I campi di Auschwitz e Birkenau venivano distinti dalla guida come Auschwitz I (Auschwitz) e a circa tre chilometri di distanza Auschwitz II (Birkenau). Il tour che abbiamo comprato li comprendeva entrambi ed era anche previsto il trasporto in autobus da un sito all'altro e il ritorno.
Auschwitz I era un campo di concentramento, dove gli internati lavoravano duramente, mentre Auschwitz II (Birkenau) era un campo di sterminio, dove la gente entrava esclusivamente per morire tramite le camere a gas.
Il tour parte da Auschwitz I, quello che dei due campi è stato trasformato maggiormente in museo.
Tramite il fatidico cancello con la scritta "Arbeit macht frei" (Il lavoro rende liberi) si entra in un campo con numerosi edifici chiamati Block dall'architettura ordinata e praticamente identica. Tutto intorno al sito corrono due recinzioni di filo spinato di cui uno, il più interno, una volta era percorso da corrente elettrica.
Gran parte di questi edifici fungevano da dormitori, altri avevano diverse funzioni come infermeria, magazzini, latrine eccetera.


"(...) il Lager è la fame: noi stessi siamo la fame, fame vivente."

Il percorso che abbiamo seguito si snodava fra vari edifici al cui interno erano esposti oggetti personali dei deportati e ritrovati dai russi al momento della liberazione. La quantità di materiale è disarmante e nonostante tutto infinitesimale rispetto a quella che ha circolato effettivamente nel campo durante il periodo di attività. Quello che vediamo è quello che i tedeschi non sono riusciti a riutilizzare nel lavoro o a cancellare prima della disfatta.
Si trovano tonnellate di capelli umani ammassati, un numero incredibile di scarpe, valigie, pentole, protesi, pettini, specchi, occhiali e barattoli, gli stessi che contenevano il cianuro impiegato per le camere a gas.


"Della mia vita di allora non mi resta oggi che quanto basta per soffrire la fame e il freddo; non sono più abbastanza vivo per sapermi sopprimere."

Si accede poi ad una delle camere a gas in cui venivano ammassati con l'inganno di una doccia i poveri ignari. Dall'alto, tramite delle piccole finestrelle venivano versati i cristalli di acido cianidrico e poi richiuse. Si aspettava poco, all'incirca un'ora e le persone all'interno morivano fra atroci sofferenze. Il percorso dei cadaveri era breve. Una volta riaperte le finestre e sfiatati i gas alcuni deportati entravano e bruciavano i cadaveri nel vicino locale che aveva quattro forni crematori.
Gran parte dei forni crematori e delle camere a gas vennero fatte esplodere dai tedeschi appena dopo la disfatta in modo da cancellare le prove. L'impresa fortunatamente però non riuscì del tutto.


"Possono venire i russi: non troveranno che noi domati, noi spenti, degni ormai della morte inerme che ci attende. Distruggere l'uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi. Eccoci docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla più avete a temere: non atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno sguardo giudice."

"In questo momento vi trovate sul più grande cimitero al mondo." Così esordisce la nostra guida appena entrati a Birkenau.
Auschwitz I e II sono i luoghi dove hanno perso la vita oltre un milione di persone. Ogni giorno morivano migliaia di persone, per fame, inedia, percosse, malattie, stenti. Ogni giorno.
Ogni giorno entravano treni carichi di deportati che venivano separati prevalentemente per sesso e condizione di salute. I deboli non avevano nemmeno il tempo di rimanere, venivano ammassati e portati nelle camere a gas, altri ammassati nelle baracche aspettando la stessa fine.
Birkenau, molto più grande di Auschwitz I, è ancora più forte come testimonianza, molto più vicino alla realtà che fu rispetto al primo campo.
I binari sono ancora gli stessi, ma quasi tutte le baracche del campo sono state distrutte. In alcune si può ancora entrare, si possono vedere dall'esterno le latrine e il grande monumento di ricordo eretto dopo la fine della guerra.
Il monumento è praticamente l'ultima cosa che vediamo prima di rientrare con l'autobus.


"(...) viene infatti considerato tanto più civile un paese, quanto più savie ed efficienti vi sono quelle leggi che impediscono al misero di essere troppo misero, e al potente di essere troppo potente."

Torniamo nuovamente a piedi in stazione, lo stesso luogo desolato che ci ha accolto all'andata.
Dopo il tour appena concluso non pare nemmeno così male.
Per il resto della giornata io e Massi ci scambiamo opinioni e pensieri su ciò che abbiamo visto e provato.
Concordiamo sul fatto che nonostante la visita nemmeno lontanamente possiamo ancora immaginare che cosa possa aver voluto dire vivere in questo luogo. Nemmeno possiamo immaginare gli stenti di cui hanno vissuto queste persone.
Concordiamo sul fatto che chiunque dopo aver visto questi luoghi abbia il dovere di sentirsi un privilegiato per tutto ciò che ha, indipendentemente da quanto e cosa.
Perché qui libertà, denaro, salute, l'essenza dell'uomo in sé non valevano niente.

"Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c'è, e non è pensabile."

Estratti di "Se questo è un uomo" di Primo Levi.

Concludo con un pensiero:
La storia insegna, è l'uomo che non vuole imparare.


Prima di partire qualche lettura consigliata sui campi di sterminio, "Se questo è un uomo" di Primo Levi, Campo di concentramento di Auschwitz, e sull'Olocausto.


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